La Corte di Cassazione con la sentenza n. 2214 del 25 gennaio 2019

ha stabilito che l’Agenzia delle Dogane può utilizzare le proprie banche dati interne ma solo se fornisce la prova di aver prima applicato i metodi secondari di valutazione. Con questa pronuncia viene quindi limitato l’utilizzo delle banche dati da parte dell’Agenzia delle Dogane nelle ipotesi di rideterminazione del valore dichiarato all’atto dell’importazione sulla base del valore di transazione di merci simili.

Per i giudici infatti,

l’Agenzia delle Dogane prima deve “fornire all’interessato una ragionevole possibilità di far valere il proprio punto di vista riguardo ai motivi sui quali siano fondati tali dubbi”. Successivamente, deve “dimostrare con onere probatorio a proprio carico di aver applicato nella rideterminazione del valore in dogana, i metodi immediatamente sussidiari di cui agli artt. 30 e 31 del codice doganale secondo la rigida sequenza ivi prevista in successione”.

Nel caso affrontato dalla Corte

l’Agenzia fiscale aveva rettificato il prezzo pagato all’esportatore terzo poiché lo aveva ritenuto inferiore al valore statistico medio per l’importazione di beni compatibili.

La procedura per la rettifica era basata sull’utilizzo delle banche dati interne – ogni Agenzia Fiscale ha le sue – che provvedono a effettuare un confronto tra vari prodotti per verificare appunto che quelli importati rispettino il valore medio statistico.

Le banche dati interne servono all’Agenzia delle Dogane

per individuare il valore medio statistico dei beni importati ma possono essere utilizzate solo dopo aver utilizzato i metodi di valutazione precedenti (v. sentenza Corte di Giustizia n. del 12 dicembre 2013, C-116/12; Corte di Cassazione nn. 2345 e 2346 del 2018).

Per determinare il valore delle merce infatti, bisogna dapprima utilizzare il valore di transazione (art. 70, Reg. UE 952/2013). Successivamente, vi sono altri criteri da utilizzare, ma in rigido ordine gerarchico: 1) valore di transazione di merci identiche 2) valore di transazione di merci similari 3) metodo deduttivo 4) metodo calcolato 5) metodo “fall-back or reasonable means”.

La Cassazione poi ricorda la regola fondamentale del rispetto del principio del contraddittorio

previsto a pena di nullità dell’atto (tra le tante, v. sentenza n. 1114/2019).

Su questo punto bisogna porre particolare attenzione poiché spesso l’Agenzia, laddove abbia fondati dubbi, procede direttamente a rideterminare il valore del bene, disattendendo il valore dichiarato dall’operatore economico. Il tutto senza dare alla parte nemmeno la possibilità di spiegare le proprie ragioni né di far valere le propri obiezioni.

In tutti questi casi, proseguono i giudici, il contraddittorio non viene rispettato.

Per la Cassazione infatti, laddove l’Ente metta in discussione il prezzo dichiarato ex art. 140 par. 1 Reg. UE 2447/2015 deve, proprio attraverso lo strumento del contraddittorio, ascoltare le obiezioni della parte. Solo dopo che il confronto con la parte vi sia stato, lo stesso si sia svolto in maniera effettiva e non formale e i dubbi non siano stati chiariti, solo allora l’Agenzia potrà disapplicare il prezzo effettivamente pagato con riferimento alle merci importate.

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