La Corte di Giustizia tributaria di II grado del Friuli Venezia Giulia (sentenza del 27 febbraio 2023 nn. 41 e 42) ha stabilito che, nelle ipotesi di contrabbando, non può essere eseguita la confisca se il contribuente decide di usufruire dell’istituto della definizione agevolata delle sanzioni. La ragione alla base di questa decisione risiede nel fatto che la confisca rappresenta una sanzione accessoria e, in quanto tale, non può essere applicata laddove vi sia un pagamento della sanzione principale. Nelle fattispecie esaminate dai giudici, l’Agenzia delle Dogane aveva accertato la violazione del regime di ammissione temporanea e contestato il reato di contrabbando; aveva poi provveduto alla confisca dei beni, nonostante vi fosse stato il versamento dell’Iva all’importazione e l’adesione alla definizione agevolata delle sanzioni amministrative (ex art. 16 del D. Lgs. 472/1997). Ebbene, per i giudici l’applicazione dell’istituto della confisca, a seguito della definizione agevolata delle sanzioni, violerebbe non solo il principio di proporzionalità, secondo cui la sanzione deve essere proporzionata alla violazione ma anche il principio del ne bis in idem (Corte di Giustizia 20 marzo 2018, C 524-2015, Corte EDU 1 novembre 2016, A e B contro Norvegia). Quindi, quando viene eseguito il pagamento, l’Agenzia delle Dogane deve provvedere al rilascio del bene anche perchè, trattandosi di sanzione fissa che viene rapportata al valore del bene sequestrato, la confisca risulta essere sproporzionata rispetto agli interessi dell’Amministrazione Finanziaria.
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 21810/2022 ha messo un po’ di ordine nel variegato mondo dei tributi locali prevedendo un “termine unitario di decadenza sia per l’esercizio dell’attività di accertamento, sia per la notifica del primo atto di riscossione”. (altro…)
Se manca la firma digitale, la notifica via pec è inesistente e le cartelle di pagamento sono nulle. A stabilirlo è la Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 27374 della Sez. VI Civile del 24/10/2019. La vicenda nasce da alcune cartelle di pagamento, con cui era stato richiesto ad un cittadino il pagamento dell’IMU. Avverso queste cartelle il cittadino aveva fatto ricorso e la Commissione tributaria gli aveva dato ragione. (altro…)
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