Nuova importante pronuncia della Corte di Cassazione in materia di revisione del classamento catastale, che ha confermato che il provvedimento di cui all’art. 1, comma 335 della Legge n. 311 del 2004, deve essere adeguatamente motivato. Non è infatti sufficiente – per i Supremi giudici – sostenere che l’immobile rientra in una delle cd. microzone in cui si è rilevata una rivalutazione del patrimonio immobiliare a seguito di riqualificazione urbana. La Commissione Tributaria Regionale del Lazio aveva ritenuto legittimo il riclassamento perchè aveva ritenuto presenti i presupposti di legge che giustificavano la revisione stessa.

Su questa pronuncia la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22671 del 2019, ha ribadito in primis che nel nostro ordinamento esistono tre tipologie di revisione di classamento: la revisione prevista dall’art. 3, comma 58, della Legge n. 663/1996 richiesta dal Comune per le incongruità del classamento rispetto a […]

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La questione portata all’attenzione della Corte di Cassazione deriva da un ricorso presentato dal Comune di Ischia (NA) che si era rivolto ai Supremi Giudici per ottenere la riforma di una sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania. Questa pronuncia aveva parzialmente accolto il ricorso di un contribuente avverso un avviso di pagamento TARI, disponendo la riduzione del tributo, in considerazione del fatto che il gestore dell’attività alberghiera aveva denunciato la chiusura dell’attività causa lavori di manutenzione. Veniva quindi sconfessata la tesi del Comune secondo cui, nello stesso periodo, l’albergo produceva rifiuti tassabili.

A detta dell’Ente impositore, non ricorreva alcuna delle ipotesi di riduzione del tributo di cui all’art. 66 del D. Lgs. n. 507/1993; sosteneva inoltre il Comune che l’art. 62 dello stesso decreto applica una presunzione di produttività dei rifiuti, che può essere superata solo con la prova contraria del detentore. Quindi, dal momento che l’immobile era adibito ad albergo con licenza annuale, il Comune riteneva di non essere tenuto a compiere alcun accertamento in ordine all’esercizio dell’impresa alberghiera, non rilevando la dichiarazione di temporanea chiusura dell’attività, presentata dal contribuente. La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 22705 del settembre 2019, ha accolto il ricorso, decidendo la causa nel merito senza […].

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Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha pubblicato la Risoluzione n. 2/DF del 2 agosto 2019 con la quale ha chiarito la portata dell’art. 3-ter del D.L. n. 34/2019, relativo allo spostamento dei termini per la presentazione delle dichiarazioni IMU e TASI dal 30 giugno al 31 dicembre dell’anno successivo a quello cui le stesse si riferiscono. La risoluzione è stata pubblicata perché, secondo il Ministero, l’art. 3-ter modifica solo i termini dell’IMU e della TASI, mentre il comma 684 della Legge di stabilità per il 2014 (Legge n. 147/2013) oggetto della modifica, riguarda invece tutti i tributi disciplinati dall’IUC (Imposta unica comunale).

Con la nuova disposizione, il legislatore ha spostato al 31 dicembre il termine per l’IMU e la TASI ma non quello per la TARI. A sostegno di questa interpretazione, il MEF riporta il testo dell’art. 4-ter, secondo cui “All’articolo 13, comma 12-ter, primo periodo, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, concernente la dichiarazione relativa all’imposta  municipale propria (IMU) , le parole 30 giugno sono sostituite dalle seguenti 31 dicembre. All’articolo 1, comma […].

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Con l’Ordinanza n. 15706 dell’11 giugno 2019 la Suprema Corte di Cassazione si è nuovamente pronunciata sull’applicabilità dell’IVA alla TIA 1 (di cui all’art. 49 D. Lgs. n. 22/1997) e alla TIA 2 (di cui all’art. 238 D. Lgs. n. 152/2005).

La questione nasceva dalla richiesta di una cittadino al Giudice di pace di un decreto ingiuntivo nei confronti della società di gestione del servizio di igiene ambientale nel Comune di Venezia per la restituzione dell’IVA pagata sulla TIA 1 e TIA 2 perché le somme erano ritenute di natura tributaria. Non essendo quindi da considerarsi quale corrispettivo di servizi, non erano assoggettabili ad IVA. Il Tribunale, confermando la sentenza di primo grado, riteneva la TIA 1, già considerata tributo,  assimilabile alla TIA 2, anch’essa di natura tributaria, nonostante il disposto contrario dell’art. 14, comma 33, del D.L. n. 78/2010. La società di gestione del servizio rifiuti proponeva allora ricorso per Cassazione contestando l’assimilazione della TIA 1 alla TIA 2.

Il Supremo  Collegio ha dato seguito a quanto affermato dalla sentenza n. 16332/2018 della stessa Corte, secondo cui la tariffa dell’art. 238 D. Lgs. n. 152/2006, come interpretata dall’art. 14, comma 33 D.L. n. 78/2010, ha natura privatistica. Per i giudici infatti, nella TIA 2 l’obbligo del pagamento risiede nella produzione dei rifiuti, quindi nell’effettiva fruizione del servizio e non influisce sul punto il fatto che il pagamento sia della TIA 1 che della TIA 2 sia obbligatorio per legge, poiché l’art. 3 del DPR n. 633/1972 prevede che le prestazioni verso corrispettivo dipendenti da obbligazioni di fare, di non fare e di permettere costituiscono prestazioni di servizi, ai fini dell’assoggettamento ad IVA, qualunque ne sia la fonte.

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L’Autorità di Regolazione per l’Energia Reti e Ambiente (ARERA) il 9 luglio 2019 ha reso noto che, a seguito di Delibera – la n. 303/2019 – verrà presentata la proposta di metodo tariffario per il settore dei rifiuti. Tale proposta porterà alla regolazione dell’intero sistema delle tariffe e delle imposte sui rifiuti urbani (anche differenziati). Entro la fine del 2019 è previsto che i Consigli comunali approvino le tariffe secondo quanto previsto dal piano finanziario del servizio di gestione dei rifiuti urbani. La delibera citata contiene alcuni importanti punti destinati a disciplinare il procedimento tariffario. Tra questi, la definizione dei criteri di monitoraggio e di riconoscimento dei costi per le annualità 2018 e 2019 e una nuova metodologia tariffaria per la gestione del ciclo rifiuti a partire dal 2020. Sono inoltre previste attività informative e formative e l’inizio di attività di confronto tra le varie istituzioni coinvolte, allo scopo di definire […].

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La Sez. II della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 16662 del 20 giugno 2019, ha fatto chiarezza relativamente a un verbale di violazione per eccesso di velocità, redatto dalla Polizia Municipale della città di Firenze, che aveva montato un autovelox fisso in un tratto di strada classificata come “strada di scorrimento“.

Il Giudice di Pace aveva accolto il ricorso del contribuente ma il Tribunale di Firenze aveva accolto l’appello del Comune, cui seguiva regolare ricorso per Cassazione da parte dell’automobilista. Questi sosteneva che il viale, nel quale era posizionato l’autovelox, non fosse in possesso dei requisiti di strada a scorrimento secondo le disposizioni del Codice della Strada.

I Supremi Giudici hanno stabilito che la questione controversa riguarda l’individuazione dei requisiti che un tratto stradale deve possedere per la qualificazione richiesta e si è uniformata alle recenti sentenze della stessa Sezione (nn. 4090 e 4451 del 2019) che hanno chiarito che l’utilizzazione degli apparecchi di rilevazione elettronica della velocità nei centri urbani è consentita solo con le postazioni mobili alla presenza degli agenti di polizia accertatori, mentre le postazioni fisse e automatiche possono considerarsi legittimamente installate solo sulle strade urbane a scorrimento […]

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Importante pronuncia della Corte di Cassazione (Ordinanza n. 11644/2019) relativa al rapporto tra regolamento comunale e aree fabbricabili. Per i Supremi Giudici, le delibere con le quali il Comune, ex art. 59 del D. L. n. 446/1997, stabilisce per zone omogenee, in maniera periodica, i valori venali in comune commercio delle aree fabbricabili ai fini ICI, delimitano il potere di accertamento dell’ente locale nelle ipotesi in cui l’imposta sia versata sulla base di un valore non inferiore a quello così  fissato. Le stesse però non impediscono, qualora vengano in evidenza atti pubblici o privati dai quali risultino elementi in grado di disattendere quei valori, la rideterminazione  dell’imposta dovuta.

Per la Corte di Cassazione, infatti, queste delibere non hanno natura imperativa, ma svolgono una funzione analoga a quella dei cosiddetti studi di settore, quindi costituiscono delle presunzioni, equiparabili ai bollettini di quotazioni di mercato o ai notiziari ISTAT, nei quali è possibile reperire dati medi presuntivamente esatti.

A questo orientamento, la Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 11644/2019, ha ritenuto di uniformarsi nel caso di un ricorso proposto dal Comune di ZEVO (VR) avverso la sentenza CTR di Venezia che aveva accolto l’appello del contribuente relativo a cinque avvisi di accertamento ICI per gli anni compresi tra il 2007 e il 2009, nei quali il Comune aveva accertato il maggior valore […].

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La Corte di Cassazione si è definitivamente pronuncia in merito a un ricorso per l’annullamento di una cartella di pagamento relativa alla Tariffa di Igiene Ambientale riguardante gli anni di imposta compresi tra il 2004 e il 2009, con la sentenza n. 14038/2019, Sez. V, pubblicata in data 23 maggio 2019.

Per i Supremi giudici, la Parte fissa della tariffa, è sempre dovuta, non essendo richiesta la presenza del nesso causale con il servizio. Essendo questa destinata alla copertura dei costi generali del servizio per la raccolta e dello smaltimento dei rifiuti, la parte fissa è dovuta sulla base del mero possesso o detenzione dei locali, a qualunque uso adibiti.

La questione nasce da una cartella di pagamento impugnata presso la CTP di Treviso, che aveva rigettato il ricorso del contribuente. In secondo grado, la Commissione Tributaria Regionale del Veneto aveva accolto l’appello, motivandolo con l’esclusione dalla superficie tassata delle superfici adibite alla  produzione e al magazzino del prodotto finito, poiché non idonee alla produzione di rifiuti, sia per la parte fissa che per quella variabile.

I giudici di Piazza Cavour, nella motivazione della loro decisione, sono partiti dall’esame dell’art. 49 del c.d. Decreto Ronchi (decr. legisl. n. 22/1997 3 s.m.i.)[…]

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Il 9 maggio 2019 è stata emanata, dalla Direzione  Centrale della Finanza locale del Ministero dell’Interno, la Circolare n. 10/2019. Questa disciplina “il concorso delle province e delle città metropolitane al contenimento della spesa pubblica per l’anno 2019”.

Il provvedimento comprende la ricognizione delle somme dovute e le modalità  di versamento degli importi relativi alla riduzione delle spese correnti. Riguarda le disposizioni dell’articolo 1, commi 418 e 419, della Legge n. 190 del 22 dicembre 2014 e successive modifiche.

La Circolare indica anche gli importi che ogni ente deve versare entro il 31 maggio 2019, con l’avvertenza che, in caso di omesso versamento, il Ministero provvederà a comunicare all’Agenzia delle Entrate le somme da recuperare nei confronti degli enti inadempienti.

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